ESSERE PROATTIVO NELLA MALATTIA DI P
L’Approccio Proattivo alla Malattia,
In Prima Persona nel Sistema malattia- terapia-riabilitazione
Con la diagnosi di una malattia, tutto prende altra forma. Le voci delle persone con Parkinson raccontano, quasi all’unanimità, il sentimento di smarrimento e angoscia; nonostante le diverse terapie che fortunatamente sono in grado di sostenere per lungo tempo la persona, inciampare nella depressione è molto facile.
Nel sistema di assistenza clinica – perché è un vero e proprio sistema – si hanno a disposizione molti strumenti che aiutano a convivere con il Parkinson. Grazie alla cronofarmacologia si riesce a somministrare il farmaco giusto, alla persona giusta, al momento giusto ed è noto che assumere la terapia con costanza e precisione è fondamentale; la fisioterapia, poi, svolge un ruolo basilare a cui si aggiunge l’importanza della stimolazione cognitiva che può essere definita “ginnastica del cervello”, ovvero il costante allenamento della mente e dell’attenzione. Un sistema ricco di componenti che vede i percorsi riabilitativi seguire la storia della persona, adattandosi ai bisogni e alle necessità. Dove si trova il fulcro dal quale dipende la buona riuscita del sistema? Nell’atteggiamento proattivo.
Moltissimi sono i libri, o sarebbe quasi meglio dire i diari, che raccontano le esperienze permettendo alle pagine di farsi tramite, oltre che della narrazione di una testimonianza, di strategie e di consigli che si presentano come stimolo a reagire per far fronte ai momenti critici che possono interferire nella serenità del quotidiano. Come il racconto che Lucilla Bossi – che ha rivestito il ruolo di presidente della Confederazione Parkinson Italia – scrive sulla sua malattia e lo presenta, usando le sue stesse parole, non come un “… diario minuzioso del quotidiano accapigliarsi con i sintomi tipico della patologia”, bensì narrazione di come la sua vita non abbia perso bellezza e significato*.
Lontano è il tempo in cui “il malato” era passivo dinnanzi alla diagnosi e attendeva “cure”, oggi l’orientamento muove sempre più verso la proattività dell’individuo, il suo essere motore che si avvia e interagisce con tutto il sistema. Cosa facile a dirsi, e un po’ più difficile a farsi, ma pur sempre non impossibile. Ogni percorso riabilitativo e terapeutico è essenziale al proprio benessere e al mantenimento della propria autonomia, accanto a ciò è inestimabile il valore che riveste il comportamento positivo con cui è la persona in primis ad essere motivata a rispondere in maniera proattiva, attivamente partecipe, capace di usufruire di tutti gli elementi a sua disposizione.
Un esempio concreto è il tenersi in allenamento seguendo gli esercizi e le strategie che si recepiscono durante i cicli di fisioterapia, di logopedia, etc…
Se la ricerca e la medicina hanno raggiunto e tendono a futuri progressi e nuove terapie, parallelamente emerge che porre al centro, in qualità di un vero e proprio “alleato”, la persona, permette a quest’ultima di essere preziosae indispensabile a sé stessa, allo stesso modo di una medicina o di una terapia.
Se il Parkinson diviene parte del quotidiano, in egual modo e fortunatamente ne sono parte anche la resilienza e la proattività.
Un processo che si fa portavoce di un messaggio che si potrebbe definire “messaggio universale”: essere positivi influenza l’atteggiamento di reazione alla malattia. Diversi articoli scientifici riportano l’espressione strategia di coping. Il verbo “to cope” ha il significato di “fronteggiare”. Richard Lazarus, psicologo, è stato il primo a indicare con questo termine il processo che si avvia nel rispondere a una situazione che aggrava le risorse individuali. La strategia del coping è l’insieme di tutte le diverse strategie che si attuano quando ci si trova a dover affrontare una situazione difficile.
Ognuno ha la propria via, la propria strada che se non può evitare le criticità, ne permette una risposta “salutare” diventando una fonte da cui attingere nuove possibilità con cui “poter fare”, seppur in maniera diversa.
Se il Parkinson cambia la vita, allo stesso modo il cambiamento di pensiero ne permette un’ulteriore evoluzione. La persona si pone sempre più al centro del cammino di malattia quale promotore di consapevolezza nel cercare e attuare nuove abitudini, alleandosi con i professionisti e dando vita a un sistema da cui può trarre nuove modalità per andare al di là dell’ostacolo e guardare ancora più avanti.
* “La storia che racconto in queste pagine, non è, quindi, il diario minuzioso del quotidiano accapigliarsi con i sintomi tipico della patologia, ma è, piuttosto, la testimonianza di come io sia riuscita, lasciandomi guidare dall’anima, a mantenermi saldamente a timone della mia vita facendo sì che essa non perdesse bellezza e significato” (OGNI GIORNO VALE UNA VITA. COME CONVIVO CON IL PARKINSON SCOPRENDO LA GIOIA DI ESSERE AL MONDO, Lucilla Bossi, ed. Mondadori, p. 11)