MALATTIA DI PARKINSON. ASPETTI GENETICI
A cura della Dott.ssa Raffaella Di Giacopo,
Medico Neurologo-Dottore di Ricerca in Neuroscienze
Le forme genetiche della malattia di Parkinson rappresentano attualmente, con maggior frequenza, le forme di malattia “giovanili”, ossia quelle che esordiscono prima dei 50 anni. Ad ora sono stati identificati più di 80 loci genetici1 coinvolti, ma il loro numero cresce molto velocemente. All’interno di tali loci alcuni geni sono stati ormai caratterizzati e sono state identificate anche le specifiche mutazioni-malattia. Le proteine codificate da questi geni sono implicate nei meccanismi di smaltimento dei prodotti cellulari tossici al fine di mantenere l’integrità delle membrane degli organelli deputati al corretto funzionamento cellulare, primi tra tutti i mitocondri, ed a garantire che si svolga correttamente il processo di “morte cellulare programmata”- o apoptosi – che è il meccanismo con cui la cellula degrada se stessa garantendo il riciclaggio delle proteine da cui è costituita senza che tale materiale si accumuli potendo organizzarsi, in alcuni casi, in “pacchetti di membrane” che risultano poi non più distruttibili. Un esempio di tale meccanismo è rappresentato dagli aggregati di alpha-synucleina, che costituiscono i corpi di Lewy. La presenza di tali elementi scatena una reazione infiammatoria che amplifica il danno fino alla rarefazione neuronale.
Le forme genetiche identificate sono del tipo autosomico dominante (per le quali è necessario possedere un solo dei geni malati per manifestare i sintomi della malattia); autosomico recessivo (per cui è necessario possedere entrambi i geni mutati per risultare affetto) e del tipo non autosomico, ossia legate al cromosoma sessuale X o ai geni mitocondriali. Fino al 2022 esse venivano identificate con la sigla PARK seguita da un numero arabo, in base alla data di identificazione. Attualmente vengono indicate con l’abbreviazione PARK seguita dal gene in oggetto (ad esempio, PARK-SNCA indica una forma di malattia di Parkinson da mutazione del gene alpha-synucleina).
Tra le forme autosomico dominanti, il primo gene identificato è quello dell’alpha-synucleina, che determina un fenotipo (modalità di presentazione dei sintomi) tanto aggressivo quante più copie del gene sono
presenti all’interno del cromosoma; la proteina accumulata è la principale componente dei corpi di Lewy. Il gene dardarina/LARKK2 costituisce, invece, la forma genetica più frequente: si riscontra nell’ 8% dei casi sporadici e nel 50% di quelli familiari; si stima che la sua frequenza si ancora più alta poiché è un gene che si trasmette con ridotta penetranza. È responsabile, nella maggior parte dei casi, della forma “classica” della malattia, caratterizzata da un esordio dopo i 65 anni, con peggioramento progressivo, ma lento.
Tra le forme autosomico recessive, quella da Parkina (ex PARK-2) si presenta con precoce distonia agli arti inferiori, buona risposta alla Levodopa con fluttuazioni motorie anche precoci, ed importante beneficio dal sonno; le forme PINK-1 (ex PARK-6) e DJ-1 (ex PARK-7) sono anch’esse, come Parkina, molto più frequenti prima dei 50 anni, hanno un fenotipo benigno, un andamento lento, un’eccezionale risposta alla Levodopa.
La terapia delle forme genetiche è la stessa di quella delle forme sporadiche.
È importante, tuttavia, identificare la mutazione perché questo aiuta i ricercatori a comprendere i meccanismi fisiopatogenetici sottostanti la malattia, al fine di realizzare terapie più specifiche mirate alla correzione di tali meccanismi difettosi. Lo studio delle forme genetiche è impegnato anche a risolvere l’interazione tra queste ultime ed i fattori ambientali, per la realizzazione di strategie di prevenzione efficaci che ritardino l’esordio della malattia, che è poi il fine di tutta la ricerca medica, con l’ambizione che ciò possa avere importanti implicazioni sul piano strategico-organizzativo.